Un percorso geografico, spirituale e simbolico
sr Maria Gloria Riva

Il viaggio, per la tradizione giudaico cristiana, è segno e metafora di una trasformazione, di un cambiamento. Al cammino esteriore, corrisponde un cammino interiore, più profondo. Pertanto ogni viaggio comporta non soltanto la conoscenza di nuovi volti e nuovi luoghi ma anche e soprattutto una sorprendente conoscenza di se stessi. La vita quotidiana con la pluralità degli impegni e delle relazioni impedisce spesso la possibilità di scendere nella propria interiorità e conoscersi davvero. Il cammino, come insegna l’insuperabile libro del Pellegrino russo, è anzitutto un viaggio nella propria anima, un viaggio che proprio a partire da questa maggior conoscenza di sé porta ad esser più forti e più capaci di affrontare le scelte, la molteplicità delle relazioni e il futuro. Proprio per questo seguire le orme di una Santo - che fu anche, per disposizione divina, fondatore di uno Stato - offre la possibilità di uno sviluppo passando dalla frammentazione all’unificazione interiore; dall’instabilità alla solidità.

1a Tappa: Andare verso se stessi

1. Arbe e il Mare

San Marino lascia Arbe per motivi poco noti, certamente per un’instabilità lavorativa, e probabilmente per una situazione politica dolorosa che implicava la persecuzione delle minoranze, nel caso di Marino – come ancora in molte parti del mondo – quella cristiana. All’inizio del suo viaggio, dunque, san Marino deve affrontare il mare, simbolo in tutta la Bibbia di male, di forze avverse apparentemente indomabili. Così il nostro percorso partendo dal mare, dalle coste di Rimini, viene a configurarsi come il luogo dove si prende coscienza della propria frammentazione interiore, della propria instabilità, delle incertezze sul futuro. Ci si mette in viaggio dunque per andare verso se stessi, verso la verità di sé.

2. Rimini e l’Arco Augusto

Il viaggio parte dalla chiesa dei Santi Bartolomeo e Marino – oggi nota come Santa Rita – di Rimini. Pochi minuti a piedi e si raggiunge quello che è il grande portale della città: l’Arco Augusto. La porta di una città rappresenta il suo distintivo, una sorta di biglietto da visita. Rimini, pur essendo città di mare, esposta quindi alla minaccia di possibili invasioni e caratterizzata, già in antico, da un pluralismo etnico, si apre verso il mare con un arco, segno di accoglienza e di apertura. La conoscenza di sé passa attraverso l’incontro e il confronto con le altre culture. Quand’anche s’intraprendesse un pellegrinaggio da soli, nel cammino non si è mai soli, ma ogni passo segna l’incontro e lo scambio con altri che camminano con e come te.

3. Poggio Berni e l’effige più antica di Marino

Le mura dell’antica città di Rimini erano edificate con pietre estratte dal monte Titano. Per edificare una città, una comunità, persino una famiglia, occorre salire verso l’alto. Anche san Marino da Rimini fu costretto, per lavoro, a salire in cerca della pietra. Il passaggio del Santo è attestato da un affresco, presente nella chiesa di Poggio Torriana, raffigurante una delle più antiche immagini di Marino. Il poggio è un’elevazione del terreno, non equiparabile alla collina per altezza, ma già sufficiente per poter vedere da lontano. Normalmente il poggio presenta forme tondeggianti e un pendio dolce. Si è già sperimentata la fatica del «salire» e se ne godono i primi frutti. Fin dai primi passi di un cammino ci si allontana dalle proprie abitudini e si comincia a vedere meglio dentro se stessi.


2a Tappa: Un cammino di libertà

4. Acquaviva e il fonte battesimale

Secondo la tradizione Marino fu, nei confronti dei suoi compagni scalpellini, fedele e generoso. Grazie all’esempio offerto dalla sua amicizia con Leone, seppe portare molti entro un cammino di verità e libertà. La prima sosta della seconda tappa è, infatti, Acquaviva, dove una fonte generosa rappresentò, per san Marino, il luogo ideale per battezzare quanti, trascinati dal suo esempio e dalle sue virtù, desideravano farsi cristiani. Il battesimo è essere sepolti nelle acque per emergere a vita nuova. Una vita è nuova quando è libera da legami che potevano soffocarla; dunque il battesimo esprime anzitutto un cammino di libertà. Nella bibbia essere liberi significa essere servi di Dio. Il servo di Dio, come lo fu Marino, è libero da vizi e condizionamenti altrui, è sciolto da legami vincolanti; è libero persino da se stesso, eppure decisamente orientato verso un bene vero e autentico, capace di consegnarlo alla realizzazione di sé.

5. La Baldasserona e i 160 gradini

Siamo nel territorio di Città e incontriamo la rupe della Baldasserona, probabile località del Titano in cui si fermò per la prima volta il Santo. Nella rupe si trova infatti una grossa fenditura ritenuta il primo rifugio del fondatore di San Marino. Proprio in questo punto ebbe inizio la storia dei Sammarinesi. Una scala simbolica di 150 gradini - i 150 Salmi-, più 10 - i dieci comandamenti-, accompagnano al luogo del Santo. Da un lato la rupe simboleggia il rifugio, la custodia, come canta il salmo: Sii per me la rupe che mi accoglie, la cinta di riparo che mi salva. Dall’altro la salita di una scala tanto ripida rappresenta una prova. Seguire una legge (i 10 comandamenti); abbracciare la fatica e sostenersi con la preghiera (i salmi) sono i mezzi indispensabili per sciogliersi dai legami inutili. Alla Baldasserona Marino si dovette difendere da una donna che pretendeva essere sua moglie e fu proprio attraverso questa esperienza che imparò a distinguere l’amore vero e disinteressato dall’amore possessivo dettato da scopi che non siano anzitutto il bene dell’altro.

6. Luoghi mariani in Repubblica e la Porta del Paese

A questo punto del cammino, allungando leggermente il pellegrinaggio, si apre la possibilità di fare un percorso mariano entro la Repubblica. In ogni caso, anche chi prosegue senza tale deviazione, giungendo alle porte della città incontra luoghi che raccontano la storia dello Stato e la sua lotta per la libertà e l’indipendenza. Sono luoghi segnati dalla presenza dei Santi: san Francesco anzitutto, poi san Quirino e sant’Agata, patroni della Repubblica. La preghiera non solo ci edifica interiormente, ma ci fa incontrare amici invisibili. Anche Marino ebbe come grande punto di riferimento un amico invisibile: san Pietro, al quale dedicò la costruzione di un tempio sulla sommità del Titano.

7. Il palazzo Pubblico e la città turrita

I tre patroni: Marino, Agata e Quirino, campeggiano sulla torre del palazzo pubblico. Qui si raggiunge la metà del cammino: i primi 40 chilometri. Il numero 40 è, nella bibbia, altamente simbolico poiché segna il tempo di una generazione e, quindi, quello di un’esperienza compiuta. Così dopo essere ascesi per 40 chilometri compiendo un cammino di conoscenza di sé e di libertà, ci troviamo entro una cittadella fortificata. La città turrita da’ sicurezza, permette di vedere ogni cosa dall’alto protetti da mura, le quali prima d’essere difesa, sono confini. Le mura non sono solo elementi divisori, danno bensì una forma. Nel cammino si edifica qualcosa, in sé stessi e con gli altri; pur in movimento si giunge ad erigere qualcosa di stabile, sulla roccia. Il Palazzo pubblico è simbolo del motto attribuito a san Marino proprio sul letto di morte: Relinquo vos liberos ab utroque homine» ovvero: «Vi lascio liberi da entrambi gli uomini»; inteso comunemente come «vi lascio liberi da tutti i poteri» e, pertanto, più disponibili a gesti di fratellanza.


3a Tappa: Amicizia e Comunione

8. La Pieve e il Sacello di San Pietro luogo della comunione

Culmine della tappa sammarinese è la Pieve e il Sacello di San Pietro. Il monte Titano, dovette apparire a san Marino come un luogo altamente sacro. Quasi alla sommità, dove sorge oggi la Pieve, o Basilica del Santo, si verificarono gli eventi più noti della vita di Marino: le minacce di Verissimo e la misteriosa morte dello stesso; la preghiera della madre di Verissimo, Donna Felicissima; la risurrezione del Figlio per l’intercessione di Marino e il conseguente dono del monte Titano, da parte di Felicissima. Qui il Santo lanciò la sua cintura per delimitare il territorio di sua proprietà. La cintura cadde su un sorbo e da questo fatto deriva la formula: damnare ad sorbum, con la quale si comminava l’esilio agli indisciplinati. Il sorbo è un albero beneaugurale, considerato apotropaico e protettivo. San Marino edificò qui il sacello dedicato a San Pietro il cui soffitto oggi è adornato con un rosone che reca la scritta: «Mons ipes signum tollitur, haec saxa tractavit faber forti Marinus dextera», cioè: «Il monte stesso si eleva come segno, lavorò questi sassi il Santo Marino con la sua forte destra». Ubicati nell’abside del sacello di San Pietro si trovano i giacigli di san Marino e san Leo; il primo custodì per diversi secoli le sue reliquie del Santo. Marino e Leo, due amici che, pur nella diversità, hanno compiuto un medesimo cammino di perfezione e di compimento della loro umanità.

9. Le Tre torri e il numero del divino.

Il monte dato in dono a Marino culmina con 3 speroni di roccia che, col tempo, divennero le inconfondibili tre torri, simbolo della Repubblica. Tre, numero del divino; tre come il Mistero trinitario, segno della pienezza della rivelazione divina. Dal mare alle Tre torri. Dalle tempeste della vita, alla sicurezza di un Monte divino. In questa prima fase del viaggio si raggiunge già un traguardo fondamentale: andando verso la verità di sé, si percorre un cammino di libertà e ci si scopre accompagnati da un’esperienza di comunione umana e spirituale.

10. Sassofeltrio e la vallata del fiume Conca

Ogni traguardo della vita comporta un cedimento, un calo. Le mete raggiunte non sono mai una sicurezza perenne, ma gli equilibri conoscono sempre flessioni e precarietà. Così, dopo aver raggiunto le vette del Titano con le tre torri Guaita, Cesta e Montale, ecco che si ridiscende verso la valle del fiume Conca, luogo di confine fra San Marino e l’Italia, fra il territorio romagnolo e quello marchigiano, giungendo in località Sant’Anastasio, poco lontano da una nota sorgente di acque sulfuree e alcaline, La Fonte del Beato Alberico. Questo luogo possiede una particolarità: volgendo le spalle alla fonte, esce dalla cannella di destra acqua definibile “normale”, mentre da quella di sinistra, esce acqua sulfurea dal caratteristico odore e sapore di zolfo. La leggenda vuole che questa doppia uscita di acqua rappresenti la lotta insita nel mondo tra bene e male. L’antica acqua minerale di Sant’Anastasio è oggi imbottigliata e venduta sul mercato con il nome di Acqua Minerale di San Marino. Questo luogo aiuta a mettere a fuoco come una delle caratteristiche del pellegrinaggio è affinarsi nel dono del discernimento fra bene e male, fra percorsi reali o cammini fasulli.

11. La rocca di San Leo

La rocca di San Leo è al culmine della terza tappa e celebra l’amicizia fra due santi i quali, dopo aver condiviso le fatiche lavorative e gli impegni della fede, scelsero due luoghi diversi per vivere e giungere al compimento del proprio destino. Un’amicizia vera rilancia, non chiude, non ristagna, ma un’amicizia così non si improvvisa, non è spontanea, richiede una preparazione, un’ascesi e un lavoro. L’asprezza della rocca leonina rende in modo plastico la necessità di lasciarsi plasmare dalle difficoltà della vita. La bellezza austera della primitiva Pieve di San Leo, ma ancor più la cattedrale, raccontano come l’amicizia vissuta nella verità e nel rilancio verso il futuro è un grande aiuto a solcare il mare della storia. La cattedrale di San Leo orientata verso est, è costruita sullo strapiombo, situato a ovest (simbolo dell’incombere dell’oscurità), e appare come una poderosa nave incagliata nella roccia. Da lì si gode uno spettacolo incredibile che abbraccia l’orizzonte infinito, segno e riflesso degli altrettanti infiniti cammini offerti dal futuro.


4a Tappa: La Missione

12. Pugliano: la Madonna e la fiera

Due caratteristiche sono associate a questo luogo. La prima, tanto forte da dare il nome al luogo (Madonna di Pugliano), è la presenza di un’immagine mariana (di cui oggi esiste solo una copia non molto fedele all’antico originale trafugato) qui pervenuta in modo misterioso. Per alcuni la sacra Immagine sarebbe giunta dall’Oriente trasportata dalla marea sulle spiagge romagnole, per altri scampò dalla distruzione della lotta iconoclasta e fu portata in questa zona da una famiglia di pugliesi allevatori di cavalli. La seconda caratteristica è la fiera di compravendita di bestiame che si svolge a Pugliano da oltre un secolo e segna un’area di scambio e di dialogo fra Romagnoli, Marchigiani, Umbri e Toscani. Dai monti di San Marino e san Leo si ridiscende, dunque, verso i luoghi pianeggianti dove è possibile l’incontro fra gli uomini e lo scambio delle esperienze acquisite. Il racconto mariano poi, per quanto segnato dalla leggenda, ci riporta alle condizioni iniziali del percorso sulle orme di san Marino, arricchiti però della certezza di essere sorretti dal misterioso aiuto del Cielo, rappresentato, in questo caso, dalla presenza di Maria.

13. Soanne e l’annuncio

Per quanto piccolo, (140 abitanti) il paese di Soanne possiede dal punto di vista geografico e storico un ruolo altamente simbolico. Qui il cammino di san Marino s’intreccia con il cammino di San Francesco, la cui predicazione e il cui esempio, ha lasciato in tutto il Montefeltro una traccia profonda e duratura. Inoltre, al centro della piazza di Soanne, svetta una croce che, collocata nel 1828, ricorda il passaggio di un altro grande predicatore: san Gaspare del Bufalo. San Gaspare sostò proprio qui per le sue missioni totalmente incentrate sul Mistero Eucaristico. Nei pressi di Soanne si trova il lago Andreuccio, detto anche Lago di Soanne, dove si pratica la pesca sportiva. Questo luogo rimanda all’immagine evangelica, profondamente legata alla missione, che chiede nella vita di diventare pescatori di uomini. Per tutti, anche per i non credenti, l’esistenza è chiamata a dare frutto; ciascuno ha il compito di trasmettere ad altri le proprie acquisizioni e le proprie conquiste per fecondare e arricchire le generazioni future.

14. Pennabilli, la missione e la pace

San Marino consegnò ai posteri un popolo capace di conservare la libertà e la pace, di avviare cammini di dialogo e, pur conservando una identità propria, essere un crocevia di culture. Allo stesso modo Pennabilli, ultima tappa del cammino sulle orme del Santo Marino, corona degnamente, dal punto di vista simbolico, il senso di tutto il percorso. Il nome è originato da due toponimi: le comunità di “Penna” e “Billi” (l'uno derivante dal latino Pinna cioè vetta, punta; l'altro da Bilia, cima tra gli alberi), che fanno riferimento alla caratteristica conformazione dei due colli. I due borghi, diventate nel 1350 liberi comuni, decisero di fondersi in un’unica comunità sancendo un patto con la pietra della Pace, visibile ancor oggi nei pressi della piazza principale della città. Sotto il papato di Gregorio XIII, mel 1572, per motivi di sicurezza Pennabilli divenne sede della diocesi del Montefeltro e tale è rimasta fino ai nostri giorni. Quello che potrebbe apparire ingiusto, almeno alla sensibilità dei fedeli di San Leo, risulta in realtà il segno più grande del compimento della missione dei santi Marino e Leo, la cui fecondità spirituale non si è fermata nei luoghi ove hanno vissuto ma ha investito tutto il territorio. Nativo di Pennabilli fu anche il celebre padre Orazio della Penna (Luzio Olivieri) cappuccino a Pietrarubbia, ma missionario in Tibet. Intelligente e arguto fu traduttore ed esploratore tanto che in sua memoria (e per inaugurare la campana della pace) nel 2005 venne a Pennabilli, il XIV Dalai Lama Tenzing Gyatso, premio Nobel per la Pace. Quest’ultima tappa che ci riporta nel riminese, punto di partenza del pellegrinaggio, sigilla il senso del percorso. Ogni cammino ha come scopo lo sviluppo della propria identità e della propria interiorità, e come orizzonte la necessità di diventare operatori di unità e di pace.